Che romanticismo e medievalismo fossero fenomeni correlati è testimoniato dalla stretta affinità d’uso fra i due termini, che erano di fatto pressoché sinonimi nel 1814 quando Mme de Staël, nel proporre la sua celeberrima definizione di poesia romantica, indicava come il romanticismo avesse nel medievalismo trovato la propria origine. Tale concezione percorse tutto l’Ottocento, in particolar modo in Francia e in Inghilterra, dove i due termini furono intercambiabili fino al primo decennio del XX secolo, quando il medievalismo perse per gli accademici di attrattiva. L’interesse per l’interazione tra i due movimenti ha tuttavia ripreso vigore con la nascita della moderna disciplina degli studi romantici, poiché il romanticista non può ignorare lo spazio che la ricezione del Medioevo ha occupato nell’immaginario romantico, così come il medievalista non può prescindere dalla considerazione che l’attuale percezione della letteratura e della cultura medievali risente necessariamente dell’immagine che i romantici ne hanno trasmesso. Oggi è necessario rivisitare gli stereotipi diffusi sul rapporto tra Medioevo e epoca romantica, in buona parte basati sull’errata convinzione che il medievalismo romantico prescindesse da ogni conoscenza dell’epoca passata a favore di un astorico parallelismo tra il mondo medievale e i suoi valori e il mondo contemporaneo. La prassi del «neomedievalismo» impone ora di rivedere i criteri della disciplina degli studi medievali poiché esso si occupa, piuttosto che di fasi e fenomeni sincronici, di processi di trasformazione culturale e legge quindi il romanticismo come fase intermedia tra la prospettiva illuminista e quella modernista. Si rende quindi necessario riproporre l’analisi dei temi e dei motivi ricorrenti da un punto di vista diacronico.
In tale prospettiva il testo medievale ha rappresentato da un canto il primo elemento di una tradizione continuativa e in perpetua evoluzione e dall’altro si è posto come oggetto contrassegnato dalla evidente differenza, o alterità, rispetto all’epoca moderna. È evidente infatti che ciò che attrasse i romantici verso la letteratura medievale fu l’interesse per testi che non facevano parte del canone, che, mescolando storia e fiction, tradizione letteraria e tradizione orale, davano luogo a opere ibride, che sovente si ponevano come assenza piuttosto che presenza, voce multipla piuttosto che documento univoco e autorevole, esempi per eccellenza della diversità in una prospettiva di continuità.
Il progetto di questo numero de La Questione Romantica prende le mosse dalla costatazione del fascino che l’ibridismo statutario della letteratura medievale ha esercitato sui letterati romantici. Consapevoli della necessità tanto da parte dei romanticisti quanto dei medievisti di aprirsi a contatti interdisciplinari, si sono voluti includere vari aspetti della cultura e della letteratura medievaliste in diversi contesti geografici, al fine di ricostruire i lineamenti comuni di un medievalismo romantico europeo ma anche di cogliere le peculiarità dei singoli movimenti legate allo specifico della storia sociale dei singoli paesi. II medievalismo romantico fu infatti ambiguo e variamente articolato, in quanto improntato a ideologia di carattere politico, sociale e religioso. Ne è riprova la contaminazione di storia e letteratura che i letterati romantici operarono in coincidenza con la nascita dello storicismo moderno. La prassi medievale di dotare la letteratura storica di uno statuto specifico alla cui base è la commistione di realtà documentaria e finzione ha attratto i romantici, che la hanno accolta e riprodotta nell’opera ibrida per eccellenza, il romanzo storico. Un genere questo di particolare attrattiva per la nostra postmoderna consapevolezza che la ricostruzione scientifica e oggettiva della storia è obbiettivo impossibile a realizzarsi e che la nostra percezione del passato è necessariamente relativa e soggettiva.