Responsabile scientifico: Lilla Maria Crisafulli Compito dell’Unità L’unità di Bologna, che è composta principalmente da anglisti, ma anche da storici, da germanisti specializzati in letteratura austriaca, e da una slavista, un italianista e una francesista, muove per la propria ricerca dal Rinascimento, perché è in questo periodo che cominciano ad intensificarsi i rapporti tra Italia, l’Inghilterra e altri paesi europei, e soprattutto è in questa delicata fase storica che nascono sia quegli stereotipi politici e culturali sull’Italia che continueranno ad essere alimentati nel corso dei secoli. Nel Rinascimento nasce altresì l’analisi etica e politica di un’Italia ormai cronicamente disunita e conflittuale, alla mercé di potenze straniere o di potentati locali. In tale percezione delle criticità politiche e morali di un’Italia dilaniata dalle lotte intestine, dalle ingerenze straniere e dalla corruzione delle numerose corti degli stati e statarelli italiani, affondano le radici della riflessione inglese ed europea su un necessario processo di unificazione nazionale. Quindi, curiosamente, è proprio la critica scaturita dal constatarsi della frammentazione del corpo politico italico – a fronte, invece, di una percepita organicità estetica – che contribuisce al processo inverso, quello della costruzione di un modello di reintegrazione e riunificazione. Non a caso, l’Italia è stata da sempre una delle mete preferite dei viaggiatori inglesi di ogni epoca; e rappresenta l’unico paese europeo che con la sua affascinante e contraddittoria commistione di civiltà e barbarie, bellezze artistiche e naturali, potenza passata e presenti rovine, ha attratto i visitatori britannici in maniera praticamente ininterrotta per almeno otto secoli. E se i primi viaggiatori inglesi che si registrano sul suolo italiano furono i pellegrini diretti a Roma o in Terra Santa e i mercanti che andavano in Oriente, gli inglesi – a partire addirittura da Chaucer nel Trecento – continuarono a subire il fascino del nostro paese, e a visitarlo, attratti dall’antico e spinti dall’entusiasmo per lo studio dei classici che potevano essere meglio approfonditi nelle biblioteche e nelle università italiane. Non poco rilevante è infatti il debito contratto dall’umanesimo d’Oltremanica nei confronti di quello italiano: autori del calibro di Thomas Hoby, traduttore del Cortegiano di Baldassarre Castiglione e Philip Sidney fecero tappa in Italia nel corso delle loro carriere e furono influenzati dalla cultura e dalla letteratura italiana. Certo i conflitti politici e religiosi che seguirono la Riforma protestante cambiarono l’atteggiamento di ammirazione degli inglesi nei confronti dell’Italia che venne identificata con il papato e la Chiesa cattolica; e cominciò a crescere una sempre maggiore diffidenza nei confronti degli italiani considerati corrotti e pieni di vizi mentre il viaggio in Italia si presentava sempre più come moralmente pericoloso e compromettente soprattutto da quando, in seguito alla pace di Cateau-Cambrésis (1559), tutta l’Italia si trovò sotto il dominio della Spagna di Filippo II, grande rivale di Elizabetta I. In Inghilterra si diffuse pertanto una certa italofobia rintracciabile ad esempio in testi come The Scholemaster (1570) di Robert Ascham o nella Survey of the Great Dukes State of Tuscany (1605) di Robert Dallington, nella quale vengono espressi giudizi estremamente negativi sull’Italia. È anche vero, però, che proprio durante il regno di Elisabetta I il tradizionale viaggio nel continente inizia ad assumere il carattere di una istituzione; l’esperienza del viaggio d’istruzione viene sentita sempre più come necessaria per chiunque sia destinato a far parte della classe dirigente e l’Italia, nel bene e nel male, rimane una delle tappe privilegiate. Si cementifica quindi sempre più quella relazione bilaterale di attrazione e rifiuto, di incontro e scontro, che sempre segnerà i rapporti anglo-italiani nella storia. L’indagine dell’unità bolognese si focalizzerà proprio sull’idea centrale dell’Italia, che da essere oggetto di ammirazione e di fascino estetico, si trasforma – in particolare nel periodo pre e risorgimentale – in oggetto di interesse etico-politico. All’interno del complesso panorama dei rivolgimenti europei successivi al Congresso di Vienna, infatti, l’Italia è l’unico, tra i vari paesi in lotta per l’unificazione nazionale – si pensi alla Grecia o alla Polonia – a suscitare un così profondo interesse da parte di intellettuali, artisti, uomini politici o semplici viaggiatori inglesi. Tra i vari componenti dell’unità bolognese, KEIR ELAM propone di studiare il formarsi di idee contrastanti, riguardo l’Italia quale entità politico-culturale, nel Rinascimento inglese. Se la Riforma vede l’Inghilterra opporsi all’Italia quale sede del cattolicesimo ‘romano’, eleggendo a ‘nemica’ una nazione ancora percepita come monolitica, e identificata (anche sotto l’influenza della diplomazia veneziana) principalmente con il Vaticano, la riflessione su un’Italia in crisi di identità nazionale prende le mosse già negli anni venti e trenta del Cinquecento, grazie, per esempio, alla ricaduta politica ed ideale del Sacco di Roma, che trova ampi echi nella letteratura dell’epoca, anche tramite la circolazione di autori italiani critici di Roma come Aretino. Tappa fondamentale nella riflessione inglese sull’Italia politica, sulle relazioni fra le repubbliche e sulla carenza di identità o unità nazionale è la History of Italy di William Thomas (1549), opera basata sulle spesse ardue esperienze vissute dall’autore in Italia e esplicitamente influenzata da Machiavelli. Altri visitatori inglesi, come Thomas Coryat e Fynes Morrison, rifletteranno in modo meno sistematico sulla gepolitca italiana. Le guerre inter-repubblicane e il dominio di alcune repubbliche – specie la Serenissima – sulle altre sono rispecchiati, poi, nella letteratura e nel teatro del periodo elisabettiano. Retroscena di gran parte delle tragedie della vendetta dell’epoca – si pensi a Thomas Middleton, John Webster e Philip Massinger – è un’Italia in stato di degrado sociale e preda della frammentazione politica. D’altra parte Lilla Maria Crisafulli, Elena Spandri e Fabio Liberto analizzeranno le problematiche relative alla ricezione e alla rielaborazione della “questione nazionale italiana” e del processo di unificazione che aveva in Gran Bretagna. Nello specifico, LILLA MARIA CRISAFULLI, affiancata dall’italianista ANDREA CAMPANA, si contrerà su una rilettura del movimento romantico italiano visto attraverso lo sguardo britannico. Partendo dal ruolo centrale assunto da figure del calibro di Alfieri, Foscolo, Di Breme, Pellico e Manzoni, sul versante italiano, e di Hobhouse, Byron, Hunt, Lady Morgan e gli Shelley su quello inglese, il romanticismo italiano sarà indagato come movimento patriottico e rivoluzionario pre-risorgimentale. Si cercherà di comprendere le ragioni che condussero all’isolamento prima e poi alla sconfitta dei romantici di prima generazione nel tentativo di dimostrare che buona parte del loro presunto fallimento risiedeva non nei valori estetici e culturali di cui erano portatori ma negli ideali politico sociali che sottendevano. ELENA SPANDRI si concentrerà sul primo periodo londinese di Giuseppe Mazzini e sui suoi legami con la cultura filosofica, politica e letteraria degli anni quaranta. L’analisi prenderà in considerazione la corrispondenza tra Mazzini e noti personaggi dell’epoca, gli scritti letterari, le collaborazioni con le riviste Westminster Review, Monthly Chronicle, British and Foreign Review, Tait’s Edinburgh Magazine. Una parte significativa dell’analisi sarà costituita da un raffronto tra le nozioni mazziniane di democrazia, progresso, utilità, individuo, nazione, educazione, così come vengono articolate nei Thoughts upon Democracy in Europe (apparsi sul People’s Journal tra il 1846 e il 1847) e la contemporanea riflessione etica, filosofica e politologica che John Stuart Mill andava argomentando intorno agli stessi nuclei di pensiero, in opposizione tanto all’utilitarismo radicale di Jeremy Bentham, quanto all’idealismo tardo romantico di Thomas Carlyle. FABIO LIBERTO analizzerà il ruolo degli esuli italiani in Inghilterra, e riserverà particolare attenzione agli scritti politici di Thomas Carlyle, studiandoli in base alla circolazione che essi ebbero sia tra gli intellettuali italiani presenti in Gran Bretagna, sia tra gli intellettuali italiani in Italia che fruirono i testi del filosofo in traduzione. SERENA BAIESI si interesserà allo studio e alla disamina di quei periodici inglesi che maggiormente prestarono attenzione al dibattito sul Risorgimento italiano in Inghilterra (in particolare il Blackwood’s Edinburgh Magazine, il The Quarterly Review e l’Edinburgh Review). Esaminerà il modo in cui l’immagine della giovane nazione italiana viene rappresentata e, in particolare, il processo di femminilizzazione a cui essa venne sottoposta descrivendola come una figura di donna debole e asservita. Tale prospettiva sarà allargata poi alla produzione poetica (con particolare riferimento alle opere di Elizabeth Barrett Browning, come ad esempio Casa Guidi Windows e Aurora Leigh). MARIA BEATRICE BATTAGLIA e CARLOTTA FARESE dedicheranno il loro interesse allo studio ai viaggiatori inglesi in Italia e al loro contributo alla causa nazionale italiana. Battaglia prediligerà il periodo storico che va da John Milton a Joseph Forsyth. Farese si concentrerà invece sul periodo successivo: dagli anni post-napoleonici alla presa di Roma, raccogliendo testimonianze, report di conversazioni, diari e lettere ove la riflessione pre e risorgimentale si palesa. Entrambe si concentreranno con maggiore attenzione sulle presenze in Emilia Romagna e nel nord Italia e sui luoghi maggiormente frequentati dai viaggiatori: circoli letterari, salotti, teatri, musei e biblioteche. L’unità di ricerca in collaborazione con il comitato di Bologna di storia del Risorgimento e con il museo del Risorgimento di Bologna, insieme alla francesista ADRIANA SFRAGARO e all’anglista CECILIA PIETROPOLI, indagherà sulla costruzione dell’affermarsi dell’idea nazionale italiana all’interno di quel processo politico-culturale e d’armi che è stato il Risorgimento e movendosi all’interno dei criteri interpretativi proposti dalla nuova storiografia che ridisegna la periodizzazione del Risorgimento cogliendone le radici nella stagione dell’illuminismo, prima ancora che in quella della rivoluzione francese. All’interno di questo progetto l’analisi sarà rivolta principalmente al periodo dell’illuminismo, agli anni francesi, alla stagione della restaurazione, alla prima e alla seconda guerra d’indipendenza, fermandosi al momento della costituzione del Regno d’Italia. Di fatto non verrà considerato il periodo successivo definito “secondo Risorgimento” o del “fare gli italiani”. Il gruppo del comitato di Bologna di storia del Risorgimento propone di leggere con modalità nuove fonti tradizionali (ad. esempio i giornali), fonti letterarie (romanzi, testi teatrali, cronache), fonti proprie della storia sociale (epistolari, diari, memorie). In particolare si propone un’analisi dei giornali dell’epoca per cogliere l’articolarsi di un dibattito che aveva nella carta stampata un punto di riferimento fondamentale. ELENA MUSIANI con LILLA MARIA CRISAFULLI, intendono approfondire il rapporto tra teatro e “formazione della coscienza nazionale”, indagando non solo il ruolo delle compagnie teatrali ufficiali e delle rappresentazioni dei testi di autori teatrali di rilevanza nazionale e internazionale, ma anche quello delle compagnie minori (oggi in gran parte dimenticato) di cui spesso erano autori e attori gli stessi protagonisti delle vicende politiche in un intreccio di protagonismi di estremo interesse. Sulle scene si portava il Risorgimento, i suoi ideali, i suoi sostenitori (e gli inglesi sono di frequente tra questi); e quando la rappresentazione teatrale usciva dai piccoli teatri dei palazzi aristocratici proponendosi nei teatri diurni e popolari allora si faceva opera di educazione secondo il modello appreso dal teatro giacobino. Il sottogruppo propone inoltre un percorso di ricerca rivolto alle figure degli esuli e degli emigrati politici durante il periodo della cospirazione e delle lotte per l’unificazione nazionale; un percorso che intende soffermarsi non solo sulle figure di primo piano (Mazzini, apostolo dell’indipendenza italiana dal suo esilio inglese; Garibaldi, l’eroe dei due mondi), ma anche su quanti, oppositori politici a governi autoritari e antinazionali, trovarono ricovero in paesi come la Grecia, l’Algeria, l’Egitto, la Tunisia (diventando costruttori di un nuovo modello di “viaggiare” che andava a sostituirsi a quello settecentesco del “viaggiatore colto”) e, al tempo stesso, per mettere al servizio delle comunità locali le loro competenze professionali. Molti esuli in Inghilterra insegnarono l’italiano nelle scuole e nelle case inglesi (Aurelio Saffi, Quirico Filopanti, per citarne alcuni) e nella terra che li ospitava conobbero istituzioni nuove (società mutue, cooperative) di cui parlavano nei loro scritti (lettere, romanzi) e di cui si fecero realizzatori al momento del rientro in Italia. Ovviamente un’attenzione particolare sarà rivolta all’immagine che “gli altri” (in particolare gli inglesi) avevano dell’Italia e del suo farsi, e, anche, dell’immagine che gli italiani avevano degli “altri”, delle loro culture politiche e delle affinità che progressivamente riconoscevano. PAOLA MARIA FILIPPI e MONICA MARSIGLI, germaniste dell’unità bolognese specializzate in letteratura austriaca, si concentreranno sull’indagine delle dinamiche e delle sollecitazioni portarono alla creazione e all’affermazione del concetto di nazione nei territori italofoni dell’Impero asburgico. Nello specifico, le due studiose, rivolgeranno la loro attenzione al fruttuoso panorama della stampa periodica, con particolare riguardo alle testate letterarie che in forma programmatica perseguivano l’obiettivo di divulgare la letteratura italiana e, in contemporanea, far conoscere le letterature straniere, con specifica attenzione per la letteratura di lingua tedesca. In un tale contesto, la traduzione diviene la modalità di transfer per eccellenza, necessaria per permettere il reale confronto con la produzione letteraria degli altri paesi, e più nello specifico con quella di lingua tedesca qui presa in esame. Con la traduzione, come dimostreranno Filippi e Marsigli, il nostro Ottocento cerca a più riprese e con non poche contraddizioni un dialogo più ravvicinato e diretto, mutuandone storie, stilemi, suggestioni, sempre nel convincimento che un reale impegno civile e politico non poteva mai disgiungersi dall’espressione estetico-letteraria GABRIELLA IMPOSTI, slavista dell’unità di Bologna, indagherà sul contributo dell’emigrazione politica russa in Inghilterra al dibattito risorgimentale che si colloca a sua volta nell’ampia prospettiva dell’irredentismo polacco e ceco e della questione della servitù della gleba e del ruolo del ceto contadino nella società russa. Herzen e Bakunin, entrambi emigrati a Londra, ebbero contatti personali con Garibaldi e Mazzini. Inizialmente sodali, poi su posizioni radicalmente opposte, questi due personaggi sono particolarmente significativi di come la questione italiana possa assumere una rilevanza che va ben oltre ai ristretti confini della penisola. A partire da questi due personaggi e dai loro scritti si cercherà di ricostruire anche nell’opera di altri letterati ed emigrati russi, come ad esempio Ogarev, l’immagine dell’Italia risorgimentale con le sue contraddittorie interpretazioni ideologiche. Nel 1860, ad esempio, non c’era rivista o giornale russo che non riportasse notizie sugli avvenimenti italiani. Il primo numero della rivista “Vremja”, pubblicata da Dostoevskij (novembre 1860), dedicava un ampio articolo alla questione italiana.