27 febbraio – Interazione verbale, culture e ambienti lavorativi

Segnaliamo con piacere il quinto incontro IDEAR, dedicato a presentare il progetto di ricerca di Rosa Pugliese su “Interazione verbale, culture e ambienti lavorativi”. La discussione sarà animata da Mette Rudvin.

L’incontro si terrà alle 15 in Aula Giunta del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne.

L’intersezione tra interazione verbale, culture e ambienti lavorativi è oggetto di una letteratura specialistica che si occupa dei contesti migratori (delle realtà socio-professionali fortemente connotate in senso multietnico e plurilingue) e dei contesti interessati da fenomeni diversi di internazionalizzazione (società multinazionali, centri di ricerca, ecc.).
A partire dall’esperienza pionieristica dell’Industrial Language Training Service britannico (Roberts et al. 1992), il filone di ricerche empiriche sulla “comunicazione interetnica nei luoghi di lavoro” ha esteso e arricchito – nelle prospettive teoriche, nelle metodologie, nelle finalità – sia il preesistente campo di analisi (sociologiche) del binomio “lingua e lavoro”, sia l’ambito tradizionale (linguistico) delle ricerche sul nesso “lingua e cultura”, diffondendosi progressivamente in area europea ed extraeuropea.

Questo filone di studi ha cominciato da qualche anno a configurarsi anche in Italia e le “interazioni interculturali al lavoro” si vanno ora caratterizzando come tema emergente. Su di esse verte una parte delle mie ricerche, alcune delle quali sviluppate e pubblicate, altre in corso e ora collegate alla partecipazione (insieme con una giovane neolaureata) a un network del Consiglio d’Europa (CELV, Graz) denominato Language for work.

Tramite case studies ho esaminato lo scambio comunicativo tra lavoratori italiani e stranieri nei luoghi di lavoro e in ambienti correlati (sindacato, centro di ascolto per stranieri, ecc.), descrivendone le caratteristiche salienti, con lo scopo ultimo di ottenere una base conoscitiva necessaria per approntare percorsi di formazione linguistica adeguati. Le interazioni autentiche tra lavoratori sono documentate attraverso audio-registrazioni e trascritte secondo le convenzioni più adottate, così da poter “leggere” i dettagli del parlato. Il comportamento verbale dei parlanti diventa perciò oggetto di una micro-analisi che consente di rilevare aspetti precisi e “situati”, vale a dire considerati nel loro concreto emergere in situazioni naturali (non costruiti ad hoc, sulla base di dati simulati, o ricostruiti da annotazioni sparse).

Riferimenti bibliografici:

Marazzini F. La lingua seconda in azienda. Prospettive internazionali e studio di un caso, Tesi di laurea in Didattica della lingua italiana L2, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea Magistrale in Italianistica, Culture letterarie europee, Scienze linguistiche, Università di Bologna, a.a. 2011-12.

Pugliese R. “Meccanismi di intensità in un dialogo tra operai italiani e bengalesi” in B.Gili Fivela, C.Bazzanella (a cura di), Fenomeni di intensità nell’italiano parlato, Firenze, Cesati Editore, 2009, pp. 255-273.

Pugliese R. “La comunicazione interculturale nei luoghi di lavoro” in L. Luatti, M. La Mastra (a cura di), Terzo Rapporto sull’immigrazione in provincia di Arezzo, Provincia/Università di Siena-Arezzo/Ucodep, 2007, pp. 241-64.

Pugliese R., S.Veschi “Contesti istituzionali e comunicazione interculturale con mediazione spontanea” in E. Banfi, L.Gavioli, C.Guardiano, M.Vedovelli (a cura di), Problemi e fenomeni di mediazione interlinguistica e interculturale,  Atti del 5° Congresso AitLA (Associazione Italiana di Linguistica Applicata) Bari, 17-18 febbraio 2005, Edizioni Guerra, Perugia, 2006, pp. 35-61.

Roberts  C., Davies E., Jupp T. Language and discrimination: a study of communication in multi-ethnic workplaces, Longman, London-New York, 1992.

16 gennaio – L’uso e l’omissione del verbo essere nell’italiano L2 dei russofoni

Segnaliamo con piacere il quarto incontro IDEAR, dedicato a presentare il progetto di ricerca di Ekaterina Golovko su “L’uso e l’omissione del verbo essere nell’italiano L2 dei russofoni”. La discussione sarà animata da Monica Perotto.

L’incontro si terrà alle 15 in Aula Giunta del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne.

L’obiettivo di questa ricerca è di indagare le cause dell’omissione del verbo essere nell’italiano L2 dei russofoni. A livello teorico la ricerca si basa sugli studi tipologici (Pustet, 2003; Stassen, 1997) del verbo copula e dei predicati non verbali (Hengeveld, 1992) e indaga quali potrebbero essere i fattori determinanti l’uso/ omissione del verbo copula. Tra i fattori considerati ci sono: teoria della marcatezza, teoria delle parti del discorso (Croft, 1991), semantica dei predicati non verbali. Si è scelto di partire dalla teoria linguistica sul verbo copula e non dagli studi dell’italiano L2 anche se sono presi in considerazione anche studi sullo sviluppo della morfologia verbale in italiano L2 (Bernini, 2003).
L’interesse è di partecipare alla discussione ancora aperta nella linguistica americana sulle ragioni dell’omissione del verbo be nell’inglese L2 e in AAVE. Secondo le principali ipotesi è  dovuta 1) alla semplificazione crosslinguistica come conseguenza dell’apprendimento di una seconda lingua oppure 2) è dovuta all’influenza della lingua di sostrato (per la discussione sull’inglese vedi Sharma & Rickford, 2009).

Bernini, Giuliano. 2003. “The copula in learner Italian: Finiteness and verbal inflection”. Chr. Dimroth/M. Starren (eds.),  Information structure and the dynamics of language acquisition, Amsterdam, Benjamins, 2003, pp. 159-185.

Croft, William. 1991. Syntactic Categories and Grammatical Relations: The Cognitive Organization of Information. Chicago: University of Chicago Press.

Hengeveld, Kees. 1992. Non-verbal predication: Theory, typology, diachrony. Berlin: Mouton de Gruyter. (Functional Grammar Series 15).

Pustet, Regina. 2003. Copulas. Universals in the categorization of the lexicon. Oxfod: Oxford University Press.

Sharma, Devyani and Rickford, John R. 2009. AAVE/ creole copula absence: A critique of imperfect language hypothesis. In Journal of Pidgin and Creole Languages, 24:1, 53 – 90.

Stassen, Leon. 1997. Intransitive Predication. Oxford: Oxford University Press.

18 dicembre – Il progetto IEREST (Intercultural Educational Resources for Erasmus Students and their Teachers)

Segnaliamo con piacere il terzo incontro IDEAR, dedicato a presentare il progetto IEREST (Intercultural Educational Resources for Erasmus Students and their Teachers). La discussione sarà animata da Claudia Borghetti e Rosa Pugliese (Dipartimento di Lingue), in collaborazione con Ana Beaven, Luisa Bavieri e Lucia Livatino (CLA).

L’incontro si terrà alle 16.

Durante l’incontro sarà presentato IEREST, un Erasmus Multilateral Project recentemente ammesso al finanziamento della Commissione Europea nell’ambito del Lifelong Learning Programme 2012 (triennio 2012-2015, a partire da ottobre 2012).
L’obiettivo del progetto è quello di pianificare, implementare e testare un “percorso interculturale” che possa essere offerto agli studenti Erasmus prima, durante e dopo l’esperienza all’estero, allo scopo di incoraggiare la mobilità studentesca e, in particolare, ottimizzarne la qualità e l’impatto in termini di crescita personale e consapevolezza interculturale degli studenti. L’apprendimento interculturale richiede infatti riflessione e analisi: la sola permanenza all’estero non incide positivamente sulle rappresentazioni relative la diversità culturale (Antequil, 2006; Byram & Feng, 2006; Dervin, 2008) né riduce le percezioni stereotipiche a essa collegate (Coleman, 1998; Shaules, 2007; Strong, 2011).
Un ulteriore obiettivo del progetto è quello di favorire la diffusione e l’istituzionalizzazione a livello europeo di corsi di comunicazione/educazione interculturale rivolti a studenti Erasmus (sia in entrata che in uscita). Tale finalità sarà perseguita attraverso la pubblicazione di una piattaforma web che raccoglierà le attività (procedure e materiali didattici) sperimentate nel corso di IEREST e la stipulazione di accordi con università europee aggiuntive rispetto a quelle coinvolte nel progetto.
Oltre a Bologna (coordinamento), IEREST vede la collaborazione di sei università europee (Université de Savoie, Chambéry; Durham University; K.U. Leuven; University of Helsinki; University of Primorska, Capodistria; Open University), un’associazione di insegnanti (AEDE-Hungary) e un’associazione di studenti (AEGEE-Europe).

Riferimenti bibliografici

  • Anquetil, M. (2006) Mobilité Erasmus et communication interculturelle. Bern: Peter Lang.
  • Byram, M. & Feng A. (2006) (eds) Living and Studying Abroad. Research and Practice. Clevedon: Multilingual Matters.
  • Coleman, J.A. (1998) Evolving Intercultural Perceptions Among University Language Learners in Europe. In Byram, B. & Fleming, M. (eds) Language Learning in Intercultural Perspective: Approaches Through Drama and Ethnography. Cambridge: Cambridge University Press, pp. 45-75.
  • Dervin, F. (2008) Métamorphoses identitaires en situation de mobilité. Turku: Presses universitaires de Turku.
  • Shaules, J. (2007) Deep Culture: The Hidden Challenges of Global Living. Clevedon: Multilingual Matters.
  • Strong, D. (2011) Discourse of Bi-national Exchange Students: Constructing Dual Identifications. In Dervin, F. (ed.) Analysing the Consequences of Academic Mobility and Migration. Newcastle upon Tyne: Cambridge University Press, pp. 51-66.

 

21 novembre – Più volti meno libri: l’etnofilologia, l’anarchia e il quarto umanesimo

Segnaliamo con piacere il secondo incontro IDEAR, dedicato a presentare la ricerca del collega Francesco Benozzo. La discussione sarà animata da Andrea Fassò.

“Più volti meno libri: l’etnofilologia, l’anarchia e il quarto umanesimo” è il titolo dell’incontro che si terrà mercoledì 14 novembre alle 15 in Sala Giunta. Pubblicchiamo qui l’abstract di presentazione sperando di vedervi numerosi:

La filologia, nata come rivendicazione della possibilità di leggere i testi sacri in quanto testi, in opposizione a ogni forma di oscurantismo, è in molti casi diventata a sua volta, negli ultimi decenni, una custode rigida e intransigente della presunta “verità” sui testi. L’approccio etnofilologico propone un’approssimazione alle tradizioni fondata su principi anti-autoritari e libertari, e riconosce alla filologia uno statuto di “indisciplina”, portavoce di una consapevole dissidenza. Il filologo, come ogni scienziato, dovrebbe sempre scegliere se essere un “difensore del dissenso” o un “agente dell’impero”, rinunciando al falso mito dell’osservazione neutra e concependo se stesso innanzitutto come un “tradizionatore” delle tradizioni che studia. Il suo sforzo maggiore, all’interno di un umanesimo contemporaneo che sia pronto a riconoscere i cambiamenti portati dal neoevoluzionismo, dal multiculturalismo e dall’analisi epidemiologica delle culture, dovrebbe essere quello di riconciliarsi con le comunità, per uscire dal conflitto di interessi tipico dello specialismo scientifico, nel quale uno studioso finisce per diventare al tempo stesso il committente, l’attore e il destinatario dei propri spesso autoreferenziali (o concorsuali, o “anvuriani”) manufatti.

17 ottobre – What the Dickens?

È con piacere che vi segnaliamo il primo incontro IDEAR, dedicato a presentare i progetti e le iniziative di ricerca organizzati, nell’ultimo anno, da parte di alcuni colleghi attorno alla figura di Charles Dickens. La discussione sarà animata dai colleghi Gino Scatasta e Monica Turci.

“What the Dickens?” è il titolo dell’incontro che si terrà mercoledì 17 ottobre alle 15 in Sala Giunta. Pubblicchiamo qui l’abstract di presentazione sperando di vedervi numerosi:

Quest’anno si celebra il secondo centenario della nascita di Dickens, considerato uno dei maggiori scrittori vittoriani anche se la sua fortuna critica ha subito variazioni e oscillazioni nel corso dei decenni. Un anniversario è utile soprattutto se spinge a rileggere le opere di un autore e a interrogarci sulla sua attualità. Sono queste le motivazioni da cui è partita la prima idea del progettto: vedere se e in che misura o per quali aspetti della sua opera Dickens possa definirsi un nostro contemporaneo. Ci sono stati in passato vari Dickens(es), scoperti e riscoperti dalla critica accademica e non: il Dickens umorista, il Dickens cantore del mondo vittoriano, il Dickens critico del mondo vittoriano, il Dickens pessimista, il Dickens sentimentale, il Dickens oscuro. Tutto questo perché Dickens era uno scrittore popolare e in quanto tale non si curava molto di offrire al suo pubblico un messaggio coerente e sistematico. Per fortuna il narratore in lui prendeva spesso il sopravvento sul moralista. Con questa consapevolezza, si è cercato in primo luogo di uscire dall’accademia, dove alcuni dei temi dickensiani più celebri sono stati ampiamente studiati, e riportarlo nel contesto delle biblioteche, dei gruppi di lettura, del pubblico non specializzato, che proprio a quei temi sembrava particolarmente interessato. Ne sono derivate o sono in programma collaborazioni interessanti, travagliate e fruttuose con Cineteca, Comune, Istituzione biblioteche, associazioni culturali, musei e perfino il cimitero di Bologna, una pubblicazione già uscita e altre in programma, due cicli di incontri, un convegno, un tour nelle biblioteche bolognesi, un ciclo di film, una nottata dedicata agli sceneggiati televisivi italiani e la dedica di una lapide a Dickens nel cimitero di Bologna in abiti ottocenteschi. Dopo mesi di lavoro su Dickens, però, incombe ancora una domanda: what the dickens?