La Questione Romantica > Spiritualismo/Erotismo

Claudia Corti

1. Eros e radicalismo religioso

Produzione poetico-artistica, speculazione poetico-estetica, impegno politico, fervore religioso e rivoluzione sessuale costituiscono in William Blake un unico, omogeneo orizzonte di riferimento esistenziale: si può fare arte, e si può riflettere sul ruolo dell’artista nella società, se si tiene conto del suo inserimento all’interno di un orientamento ideologico e di una pratica di vita in cui il rinnovamento dello spirito religioso vada perseguito con una intenzione di sovvertimento del potere civile egemone, il quale, da parte sua, si esprime avvalendosi di giustificazioni etiche che vedono al primo posto la repressione sessuale. Questo è l’ambito concettuale in cui si muove sostanzialmente l’esperienza letteraria, pittorica e grafica di Blake, nel periodo più intenso e fecondo della sua camera, delimitabile fra il 1793 ed il 1808. Sono gli anni in cui si ha in Inghilterra la più forte ripercussione prima, e ricaduta poi, del pensiero radicale e giacobino importato dalla Francia rivoluzionaria e repubblicana, che continuerà ad alimentare il dibattito ideologico anche dopo il fallimento della rivoluzione e l’instaurazione dell’impero, oltre la Manica.
Blake fu un «entusiasta» – così venivano chiamati, con misti sentimenti, i radicali inglesi – fin dal primo approdo delle nuove teorie rivoluzionarie, e continuò a definirsi «Liberty Boy» – così si autoproclamavano i giacobini inglesi – anche dopo le delusioni del Terrore ed il nuovo aberrante imperialismo. I suoi atteggiamenti nei confronti della politica e della religione, di cui si sostanziano la sua poesia e la sua pittura, pur costituendo un fenomeno di straordinaria originalità ideativa, compositiva ed espressiva, vanno comunque valutati all’interno di un preciso periodo storico, ed in relazione a uno spazio ideologico ben definito. Appunto in una ben identificabile dimensione concettuale, riconducibile al pensiero radicale, si colloca quella interdipendenza fra rivoluzione religiosa e rivoluzione sessuale che tanto incombe sulla produzione blakiana.
L’impatto delle due grandi rivoluzioni epocali, prima quella americana e poi quella francese, provoca in Inghilterra un vero e proprio terremoto ideologico. L’evento rivoluzionario viene avvertito, in certi ambiti di pensiero, come apportatore di un sovvertimento totale di valori superati ed istituzioni fatiscenti, comuni tanto al potere politico quanto al potere religioso; per cui, mentre vanno organizzandosi le società giacobine (la più nota e numerosa è la «London Corresponding Society») per il rovesciamento della monarchia, cominciano a pullulare anche vari tipi di chiese dissidenti e circoli ferocemente anticlericali per il ribaltamento delle strutture ecclesiastiche tradizionali. In nome di un medesimo impegno rivoluzionario, si celebra la fine della tirannide in tutti i possibili sensi, dal filosofico al morale, dall’estetico al religioso, dal sociale al politico. E comun denominatore di tutte le idee che attaccano le istituzioni, sia civili sia ecclesiali, è caratteristicamente l’idea della emancipazione e liberazione della sessualità: «Sex and Revolution», sesso e rivoluzione, diviene lo slogan tanto dei radicali che lavorano per la rivolta politica, quanto dei dissidenti che operano per il rinnovamento religioso.
Assai spesso gli «entusiasti» sono sia giacobini in politica sia eversori in religione; e si distribuiscono in vari filoni ideologici, con varie denominazioni, ma quasi sempre intrinsecamente intermutuabili: ci sono i «behmenisti», ossia i seguaci del pensiero di Jacob Boehme (anglicizzato in Behmen), trasmettitore – nella traduzione settecentesca di William Law -della Kabbala e di tutta la tradizione neoplatonica e gnostica; ci sono i «millenaristi», che individuano nelle rivoluzioni epocali il segno del giudizio divino che annienterà i poteri tradizionali, resuscitando lo spirito autenticamente religioso e l’incondizionata libertà sociopolitica attraverso l’Apocalisse che prepara il Millennio; ci sono poi gli antinomisti, che predicano varie forme di ostilità alla legge morale di cui si avvalgono entrambi i poteri, politico e religioso; e ci sono anche gli adepti della «Società Teosofica», che celebrano il libero amore quale paradigma di trasgressione a tutte le convenzioni morali.
Proprio l’esaltazione della trasgressione assume, fra questi «entusiasti» politico-religiosi di varia estrazione ed orientamento, un ruolo centrale, e tale ruolo viene sempre esplicitamente significato come trasgressione erotica; per esempio, si consiglia la promiscuità, il concubinaggio, l’amore di gruppo, il nudismo (ricorderò brevemente che Blake imponeva alla mansueta consorte l’abitudine di passeggiare in giardino in costume adamitico, leggendo la Bibbia o il Paradise lost, ed anche che le aveva richiesto un ménage-à-trois, non si sa bene se con una domestica molto disponibile oppure con l’esuberante Mary Wollstonecraft). II significato politico della trasgressione erotica è palese: nell’influente e rappresentativo livello sovversivo di Thomas Spence, dal suggestivo titolo di Pig’s Meat, ovvero «carne di maiale», si poteva scrivere che «in caso di rivoluzione le prime catene ad essere spezzate saranno quelle dell’imene». Ma vengono addotte anche giustificazioni teologiche e filosofiche più profonde. La riscoperta, ad opera della «Società degli Antiquari», delle antiche religioni pregiudaiche, comporta l’idea che il culto del sole, tipico delle prime grandi teogonie, e la degenerazione del fallismo che aveva caratterizzato gli albori mistici di una sensibilità genuinamente religiosa. I vari simboli fallici e vaginali che si riscontrano nelle religioni primitive sono segni di una religiosità autentica, mentre le loro tracce, depositate nella terminologia e nelle immagini dei riti liturgici, rappresentano l’appropriazione illegittima, da parte delle istituzioni, del potere procreativo della natura. Tali idee si basano sulla nozione di una «caduta» dalla purezza di una religiosità primordiale alla corruzione delle chiese istituzionalizzate; e tale «caduta» non è una catastrofe primaria, bensì un processo lento ed articolato di sostituzione dei simboli del potere procreativo della natura con oggetti di adorazione.
Si può subito anticipare che tale processo sostitutivo è quello ricostruito da Blake nell’arco della sua camera artistica; dal radicalismo integrale di The Marriage of Heaven and Hell (1793), fino al misticismo esoterico di A Vision of the Last Judgment (1810); leggiamone due passi significativi. Nel Marriage, il profeta Isaia ricorda a Blake che:

la filosofia dell’oriente insegnò i primi principi della percezione umana: alcune nazioni presero come origine un principio, altre un altro: noi di Israele insegnammo che il Genio Poetico (come ora lo chiamate) era il principio primario, e tutti gli altri meramente derivati, il che produsse il nostro disprezzo per i Preti ed i Filosofi di altri paesi, nonché la profezia che alla fine si sarebbe dimostrato come tutti gli Dei si fossero originati nel nostro, e che tutti fossero tributari del Genio Poetico

[K 153]1.

Nel Last Judgment, Blake osserva che:

Giove usurpò il Trono di suo Padre, Saturno, ed introdusse l’Era del Ferro, e generò Mnemosine, ovvero la Memoria, cioè le Muse Greche, che non sono Ispirazione come la Bibbia. La Realtà fu Dimenticata, e furono Ricordate solo le Vanità del Tempo e dello Spazio, che furono chiamate Realtà. Questa è la Possente differenza tra la Favola Allegorica ed il Mistero Spirituale. Si Comprenda subito che le Favole Greche ebbero origine nel Mistero Spirituale e nelle Visioni Reali, che si perdono e si offuscano nella Favola e nella Allegoria, mentre la Bibbia Ebraica ed il Vangelo Greco sono Autentici, preservati dalla Misericordia del Salvatore [K 605].

Ora, proprio l’idea di un eros originario, antecedente a tutte le codificazioni morali delle «favole» e le costrizioni religiose delle «allegorie», un eros inerentemente spirituale, e presente anche nella riflessione scientifica del tempo di Blake, quella che si sviluppa intorno all’editore Joseph Johnson (radicale e giacobino), il quale commissiona a Blake l’illustrazione delle tavole di The Botanic Garden di Erasmus Darwin, primo teorizzatore della filogenesi in Zoonomia, convinto che l’universo naturale e pervaso da un influsso magnetico analogo all’influsso divino sul corpo umano, e che l’amore divino corrisponde alla forza erotica e generativa della natura. II grande lavoro svolto per illustrare ed incidere l’opera di Darwin lascerà depositi inestimabili nei procedimenti immaginativi di quell’immanente vitalismo erotico che pervade l’impegno politico-religioso di Blake.

2. Eros e trasgressione.

Alludevo più sopra al fatto che per Blake poesia ed arte (o meglio, arti: pittura, grafica e stampa) da un lato, e politica e religione dall’altro, costituiscono l’obiettivo omogeneo di un solo, unitario orientamento concettuale ed ideologico; sarà il caso di puntualizzare come il vettore di tale orientamento sia, in maniera alquanto caratteristica, il paradigma della trasgressione, che, in completa sintonia con il pensiero radicale che per tanti aspetti sostanzia l’esperienza romantica inglese, è da intendersi sostanzialmente quale trasgressione sessuale. Per produrre una buona arte, e per contribuire al processo di rinnovamento e reistituzione dello spirito religioso, occorre controbattere tutti i dogmi e tutte le normative, siano questi degli Stati, delle Chiese o delle Accademie. La battaglia blakiana contro la falsa arte e la falsa religione si evolve secondo un unico, omogeneo principio di dissacrazione, che coinvolge comunque l’esperienza sessuale.
La lotta per il ripristino di un’arte ed una poesia primigenie, comporta lo sradicamento del valore tradizionale dell’allegoria , struttura retorica del testo – sia poetico sia pittorico – che si fonda su di un presupposto morale: qualunque testo allegorico tende per sua intrinseca natura a una assolutizzazione razionalistica di un concetto di ordine etico che gli fa da matrice; e siccome nella nostra cultura occidentale post-platonica, post-aristotelica e post-paolina il valore etico si identifica con il valore sessuale, produrre un testo allegorico (almeno come lo intende il radicale, «cittadino» William Blake) corrisponde ad assumere in qualche modo un atteggiamento morale di tipo coercitivo, che collega in ogni caso il Bene alla Purezza dello Spirito ed il Male alla cupidigia del Corpo. Ecco allora perché Blake se la prende tanto, per motivi diversi, sia con Dante sia con Milton, pur annoverandoli tra i massimi detentori del Genio Poetico e del Mistero Spirituale. Dante non va bene perché le sue pur straordinarie allegorie – da quelle infernali a quelle paradisiache – coinvolgono un rifiuto della sessualità – dalla condanna di Paolo e Francesca alla contemplazione asettica ed asessuata di Beatrice – che non può non risultare funzionale a un disegno politico di tipo imperiale, ossia di controllo, regimentazione, assoggettamento e predisposizione esterna di qualità e virtù esistenziali ad uso e consumo dello Stato. Milton non funziona perché ha posto le sue eccezionali doti visionarie, che lo avrebbero naturalmente indirizzato verso un immanentismo trascendentale, al servizio di un’etica pragmatico-puritana incentrata sui meriti della borghesia mercantile, di cui la struttura famigliare-focolaresca (esemplificata dal nucleo famigliare storico di Milton, pieno di fertili ed ubbidienti donne!) e il capisaldo istituzionale.
II rifiuto dell’allegoria, in quanto strumento religioso di un perseguimento strategico di tipo politico, si accompagna nel Blake radicale e giacobino alla confutazione di tutte le religioni tradizionali, che una volta accolto in forma definitiva lo stigma sessuofobico del Paolo delle Lettere, hanno optato, tutte quante, per una dimensione caratteristicamente antierotica: quasi che l’energia sessuale fosse avvertita come la principale minaccia contro l’instaurazione e il consolidamento dell’egemonia politico-religiosa. Perciò la sfida dell’attuale rinnovamento dello spirito religioso dovrà essere nel segno iconoclastico, libertario, della liberazione di energia sessuale repressa.
Nel sistema mitico-simbolico di Blake, la costituzione del mondo materiale caduto, la creazione cioè del peggiore dei mondi possibili ad opera di un Demiurgo gnostico ostile ed invidioso della creazione (qui denominate Urizen), si avvale del contributo fondamentale della figura femminile archetipica (Enitharmon), la quale, esercitando la propria primordiale, squisitamente femminile «volontà di potere» – ovvero Female Will – collabora con il «dio di questo mondo», altrimenti denominato «dio-prete-tiranno», a oggettivare e rendere operativo un sistema di oppressione e repressione sull’umanità, rendendo strategico l’appello alla castità, sulla cui base si sclerotizza il potenziale sessuale-procreativo. Qual è il processo individuato da Blake? E’ un processo che anticipa a distanza le fondamentali intuizioni di Freud sulla libido: sul versante maschile, la prorompente energia sessuale che non ha modo di estrinsecarsi tende ad «implodere», emergendo violentemente come aggressività ed istanza omicida (dice Blake: «war is energy enslav’d», cioè la guerra e energia [sessuale] repressa). Sul versante femminile, la donna assume una mistificatoria – ma vincente – etica della purezza, che in nome di valori religiosi tradizionali impone al partner maschile una condizione di astinenza sessuale, la quale verrà poi gratificata dalla conquista succedanea di oggetti misticheggianti di culto, simbolicamente sostitutivi della primaria morfologia erotica: valga per tutti la quête del Graal (la ricerca cavalleresca della femminea «coppa» del sangue di Cristo), centro del codice letterario trobadorico-cortese, in cui Blake identifica una delle principali aberrazioni dell’istanza sessuale in ambito allegorico-religioso.
In The Book of Urizen (1794), ed in The Four Zoas (1795-1804), dove assistiamo alla creazione dell’universo caduto da parte dell’esaldaios Urizen, e del corpo materiale umano da parte di Los, il Genio Poetico, per porre alla Caduta dell’ umanità i due Limiti gnostici dell’Opacità e della Contrazione (cioè per impedire il fallimento totale dell’individuo precipitato nel materialismo), la prima produzione oggettiva del demiurgo è l’ invenzione dei sette peccati capitali, mentre la prima manifestazione storica del potere del dio-prete-tiranno è l’estensione sulle nazioni della perniciosa «Rete della Religione», il cui embrione è, significativamente, un embrione femminile [K 235], concepito nel venire della «Femrnina Eterna», Enitharmon, la «Grande Madre». Come la tipica volontà di possesso del principio femminile collabori attivamente all’instaurazione del potere politico-religioso ci viene rappresentato soprattutto nella «Profezia» Europe (1794), quasi interamente dominata dal lungo sonno di Enitharmon, un sonno che dura milleottocento anni (corrispondendo quindi all’intero arco della cristianità), un sonno che significa l’ottundimento mentale e psichico del genere umano sotto la micidiale Rete religiosa, un sonno animato da sogni di dominio. Nella «notte della gioia di Enitharmon», la Femmina Eterna rivive oniricamente l’ affermazione del proprio controllo sul mondo in nome di una falsa religione fondata sulla castità e la vendetta ed articolata attorno all’idea del peccato: «Andate! Dite alla razza Umana che amore di Donna è Peccato» [K 240].
L’etica dell’astinenza e della repressione sessuale è proprio quella attaccata duramente dal personaggio più rivoluzionario, libertario e trasgressivo ideato da Blake, ovvero la fanciulla Oothoon, protagonista delle Visions of the Daughters of Albion (1793). In una denuncia senza appelli, la fanciulla rivendica il primato del desiderio contro gli infingimenti morali che intendono reprimerlo sulla base di mistificazioni ed ipocrisie: «Chi ti ha insegnato la modestia, l’astuta modestia, figlia della notte e del sonno? / Quando ti risveglierai dissimulerai le tue gioie segrete,/ oppure non sarai sveglia quando tutto il mistero sarà dischiuso?» [K 193]. Responsabile primaria dell’ipocrisia e della dissimulazione è la religione, che negando la sessualità la fa deviare verso il vero peccato, che è quello di un inutile spreco di energia nell’onanismo segreto e furtivo:

La vergine che spasima per l’uomo risveglierà il ventre a gioie enormi nelle ombre segrete della sua camera; il giovane escluso dal piacere gioioso si scorderà di generare, e si creerà un’immagine[erotica
nell’ombra delle cortine e nelle pieghe del cuscino solitario. Non sono questi i luoghi della religione, le ricompense dell’astinenza, le autogratificazioni dell’autonegazione? Perchè ricerchi la religione? E’ forse perchè le azioni non sono belle che cerchi la solitudine là dove il buio orrendo è impresso dai riflessi del desiderio?.[K 194]

Negli ultimi due grandi poemi teosofici, Milton (1804-1808) e Jerusalem (1805-1820), si approfondisce il significato della lunga notte di Enitharmon in quanto dominazione teocratica; il sonno del cristianesimo equivale storicamente alla fondazione successiva delle quattro «Chiese» moderne, che hanno progressivamente annichilito il vangelo autentico del Cristo: Paolo, istitutore della chiesa militante; Costantino, che mette fuorilegge tutti i credi non cristiani; Carlomagno, addirittura fondatore del Sacro Romano Impero; Lutero, un autocrate non meno repressivo del papa cattolico; e non sarà certo per caso, suggerisce ovunque Blake, che le chiese moderne abbiano tutte il sigillo paolino dell’atteggiamento ostile verso la sessualità: il massimo errore di Paolo è stato la riduzione dell’eros a semplice necessità fisica, che ha consentito la coniugazione dell’astinenza sessuale all’egemonia psicologica del principio femminile sul principio maschile: «Paolo, guarda indietro nella tua Chiesa! Guarda! Tre Donne attorno alla Croce! Perchè hai Creato una Volontà Femminile?» [K 688]; le tre donne sono la vergine, la prostituta e la moglie.
Al concetto di chiesa (istituzione a carattere politico, basata sullo sfruttamento di pseudovalori religiosi a scopo imperialistico), Blake sostituisce quello di «Occhio di Dio», termine con cui intende sostanzialmente la persistenza della rivelazione divina nella storia: rivelazione inesauribile ed eternamente feconda, aperta ad infinite parusie; presenza eterna e multiforme del Mistero Spirituale quale viene percepito dal Genio Poetico. II quale Genio Poetico equivale, nell’idioletto blakiano, al classico daimon, tradotto con disinvoltura dal Blake poeta sia come demon sia come devil, per sottolinearne provocatoriamente la qualità eversiva e trasgressiva: come stabilisce una volta per tutte il Marriage of Heaven and Hell, risalente ai primi anni Novanta del Settecento, i demoni-diavoli sono gli spiriti entusiastici, irrazionali, invasi dall’immaginario, e perciò scomodi, incontrollabili, pericolosi; laddove gli angeli, figure del simbolico, sono per converso «custodi» della morale repressiva della religione tradizionale al servizio del conservatorismo politico (e non per caso, fa osservare Blake, li si ritiene «asessuati»).
In questo capovolgimento delle attribuzioni metaforiche viene anche coinvolta la tipologia degli individui nei propri atteggiamenti religiosi; le chiese trionfali hanno infatti distinto l’umanità loro sottoposta in tre classi, Eletti, Redenti e Reprobi, che Blake ridefinisce sovvertendone le valenze semantiche. Gli Eletti non sono i Santi, ma gli ottusi moralisti che obbediscono passivamente ai dieci, cento o mille comandamenti, agendo per il bene della conservazione e della repressione; i Redenti sono coloro che, avendo beneficiato di determinate garanzie etico-religiose, temono sempre di poter perdere i privilegi acquisiti, e perciò non osano nulla, non sanno scegliere, vivono nella paura e nel dubbio, dominati dagli Eletti; i Reprobi sono invece gli artisti, i poeti, i Geni Poetici che non si lasciano condizionare da nessuna autorità, né politica, né sociale, né religiosa, né accademica: sovvertitori dell’ordine, oppositori di ogni inquadramento disciplinare, ribelli alle leggi, proprio come l’antinomista ed entusiasta «cittadino Will Blake»; negli ultimi poemi, il termine «reprobi» viene gradatamente confluito e poi definitivamente sostituito in «trasgressori». Ed è qui che entra in gioco la trasgressione – anche sessuale – del Reprobo e Trasgressore par excellence, il Cristo sub specie blakiana.
II fondamentale carattere sovversivo della figura storica di Gesù (predicatore di un vangelo di libertà e perdono poi distrutto dalla religione di stato) emerge simbolicamente già nella sua anomala nascita: concepito al di fuori del matrimonio, in una relazione extraconiugale, da un padre umano ignoto. Questa idea eversiva non è del tutto originale, dato che la riscoperta epocale dei testi antichi religiosi non riguarda solo quelli delle religioni pregiudaiche, ma anche i primissimi testi giudaici, dove per l’appunto, nei resoconti della figura storica del Nazareno, si menzionava esplicitamente il fatto che Maria era stata messa incinta – per alcuni violentata – da un soldato romano; ragion per cui i medesimi racconti attribuivano a Gesù il bell’epiteto di «Figlio di puttana»! Nella versione blakiana, affidata al dettato lirico della tavola 61 di Jerusalem [K 694-695], «Maria L’Adultera» non viene affatto stuprata, anzi, su ispirazione dello Spirito Santo «trasgredisce» volontariamente e gioiosamente al vincolo coniugale, per concepire il Figlio di Dio attraverso un corpo maschile doverosamente anonimo e non identificabile. Ed alle legittime rimostranze dello sposo Giuseppe, che la chiama «Puttana e Adultera», Maria replica invocando due temi: quello secondo cui la punizione del peccato e un sopruso non inferiore al peccato stesso – «Se mi scacci da te, forse non mi uccidi?» -, e quello secondo cui il peccato fornisce a chi ne e stato danneggiato l’occasione del piacere del perdono: «Se fossi pura, mai potrei gustare le dolcezze del Perdono dei Peccati». Le argomentazioni della Madonna convincono Giuseppe, che accoglie infine entusiasticamente tanto l’idea del perdono quanto il concetto della purezza spirituale insita nel commettere il peccato. Anche per Giuseppe, si tratta di trasgredire scientemente una legge impositiva, quella della morale della legge mosaica che lo avrebbe condotto al ripudio della moglie adultera:

Geova perdona forse un debito solo a condizione che gli verrà pagato? Perdona forse la Contaminazione solo a condizione della Purezza? Allora quel Debito non è Perdonato! Quella Contaminazione non è
Perdonata!
Questo e solo il Perdono degli Dei, le Virtù Morali dei Pagani, le cui tenere Misericordie sono Crudeltà.[K 694]

La devianza eversiva della nascita adulterina di Gesù ha del resto, secondo Blake, un presupposto simbolico ed insieme una premessa storica nel fatto che fra le antenate di Maria nominate da Matteo e Luca figurino varie prostitute, compresa la famosa meretrice di Gerico, Raab; e conversando con Crabb Robinson (l’amico ed intervistatore dei poeti romantici inglesi), una volta il poeta osserva: «Gesù prese molto da sua madre, ed in tal senso è stato uno dei peggiori uomini» [BENTLEY 1969, p. 276]. In ogni modo, la trasgressione morale e religiosa pervade tutta la vita del Cristo blakiano: dal rifiuto adolescenziale dei vincoli familiari – «I peggiori nemici di un uomo vengono dalla sua casa e dalla sua famiglia» [K 652] – fino alla confutazione dei precetti della legge ebraica, braccio destro della religione di stato:

Tutte le Leggi Penali condannano la Trasgressione, e sono perciò crudeltà e Delitto. Le leggi dei Giudei (sia cerimoniali che reali) furono i più vili ed oppressivi codici umani, ed essendo come tutti gli altri codici dati sotto la pretesa di un comandamento divino, erano quali li denunziò il Cristo, l’Abominio che crea desolazione, ovvero la Religione di Stato, fonte di ogni Crudeltà [K 393].

Alle leggi punitive emanate del dio-prete-tiranno, Gesù sostituisce la dottrina antinomistica della Grazia divina che ha motivo e modo di manifestarsi nell’assorbimento del peccato; come capisce e ci spiega Giuseppe quando perdona Maria dell’adulterio, «Attenzione, non c’è nessuno che viva e non commetta Peccati!» [K 694].
Se l’antinomismo radicale della figura del Cristo costituisce un paradigma esistenziale che si rivolge all’immaginario collettivo, la sua peculiare declinazione nell’immaginario individuale blakiano va a determinare la figura mitica di Luvah, che nell’originale sistema mitico-simbolico eretto dai “Libri profetici” di Blake rappresenta la forza delle passioni, simboleggiando più specificamente la passione par excellence, ovvero il desiderio sessuale, il quale, se viene represso, condizionato dai codici morali e dalle leggi repressive, si trasforma in aggressività; ragion per cui nelle società materialistiche (nel mondo caduto), Luvah, il cui nome evoca love, si trasforma in Orc, il cui nome rinvia sia ad orcus, e dunque a una dimensione diabolico-infernale, sia ad orkis, e dunque alla dimensione dell’eros; Luvah ed Orc sono la medesima persona, il Cristo passionale ed apocalittico che porta la spada e non la pace, il Cristo la cui definitiva parusia «avverrà tramite un incremento del piacere sensuale» [K 154].

3. Cristo è Luvah

L’integrazione della figura storica di Gesù in quella simbolica di Luvah costituisce senza dubbio l’aspetto più vistoso del trattamento blakiano della dimensione religiosa. «Il principe dell’Amore» – come Luvah viene costantemente designato nei “Libri profetici” di Blake – è responsabile di tutte le passioni umane, e soprattutto condivide con il Dio-Uomo la Passione con la maiuscola, la Passione della Croce: condannato al martirio, subisce la corona di spine [K 376], lo scandalo della crocifissione [K 337 e K 699], la sepoltura in una normalissima tomba [K 648 ]. Ma, come Cristo, risorge dal sepolcro; e sia la vita sia la morte sono determinate per entrambi dall’assunzione incondizionata della passione dell’amore: «quelli che amano sono come quelli che morirono: risorti dalla morte» [K 298]. È l’amore, il desiderio, la spinta che fa vivere e fa ri-vivere, che alimenta la vita e consente la vittoria sulla morte.
Perciò, a dispetto degli insegnamenti delle religioni istituzionalizzate, non c’è alcuna contraddizione tra la dimensione spirituale – quella che Blake chiama suggestivamente «Mistero Spirituale» – e la dimensione patemica, perchè, malgrado la perentorietà delle Lettere paoline, non c’è alcuna contrapposizione fra Spirito e Corpo. Cristo, l’«Agnello di Dio che si riveste dei panni di Luvah» [K 342], si è accollato una volta per tutte, assumendo il corpo fisico dell’uomo, la responsabilità di tutte le passioni umane, nel cui caparbio perseguimento ha dovuto inevitabilmente infrangere tutti i comandamenti delle tavole delle leggi; come ben spiega un diavolo incontrato da Blake all’Inferno:

Ascolta ora come ha trattato la legge dei dieci comandamenti: non ha forse irriso il sabath, insultando il Dio del sabath? Non ha forse assassinato quelli assassinati per causa sua? Rifiutato la legge per la donna colta in adulterio? Sfruttato il lavoro altrui per sostenersi? Detta falsa testimonianza quando omise di difendersi davanti a Pilato? Non ha sempre bramato, quando predicava ai discepoli, e quando imponeva loro di scuotersi la polvere dai piedi contro quelli che si rifiutavano di ospitarli? Te lo dico io, non esiste virtù senza infrangere questi dieci comandamenti. E Gesù era tutto virtù, ed agiva per impulso, non secondo le regole [K 158].

Ecco il punto caro al radicale Blake: il Cristo agiva per impulso, non secondo le regole; ovvero seguiva la forza delle passioni, il che implicava la trasgressione ai codici comportamentali imposti dalle leggi religiose; questo è il senso della ripetuta immagine blakiana di Gesù che indossa le vesti di Luvah: l’assunzione di responsabilità delle passioni. Uno spirito autenticamente religioso come quello di Gesù sapeva, dall’inizio alla fine del sue percorso salvifico, che non contro, bensì attraverso le passioni, l’umanità caduta poteva ritrovare la purezza originaria:

Gli Uomini vengono ammessi in Paradiso non perchè hanno frenato e governato le loro Passioni, o perchè non hanno Nessuna Passione, ma perchè hanno Coltivato il loro Intelletto. I Tesori del Paradiso non sono Negazioni delle Passioni, ma Realtà dell’Intelletto, da cui tutte le Passioni Emanano Sfrenate nella Gloria Eterna. Gli Sciocchi non entreranno in Paradiso per il fatto di essere stati tanto Santi. La Santità non è il Prezzo d’Ingresso al Paradiso. Quelli respinti sono tutti coloro che, non avendo Passioni proprie perchè privi di Intelletto, hanno passato la vita a Frenare e Governare le passioni altrui con i Vari mezzi della Povertà e della Crudeltà [K 615].

La missione primaria del Messia dell’Apocalisse sarà allora di tornare per riscattare l’individuo dalla persecuzione delle passioni, e per liberarlo dalla punizione dei peccati:

Cristo viene, come venne la prima volta, per liberare coloro che sono sotto il dominio dei Farabutti, e non per salvare i Farabutti. Lui viene a liberare l’Uomo, l’Accusato, e non Satana, l’Accusatore. […] Questo è il Giudizio Universale: l’affrancamento dalle Accuse di Satana [K 615].

Proprio la sostanza rivoluzionaria ed eversiva della parusia millenaristica ha provocato nella storia la condanna di Luvah/Gesù come sommo Reprobo e massimo Trasgressore: «La Chiesa Moderna Crocifisse Cristo a testa in giù» [K 615].

Ma lo scandalo primario della vera, autentica religione cristiana non risiede tanto nella morte per Passione, quanto nell’origine passionale del concepimento adulterino:

Nacque forse Gesù da una Vergine Pura con un’Anima chiusa e sguardi pudichi? Se intendeva assumersi il Peccato sua Madre doveva essere una Sgualdrina, una come la Maddalena, con sette diavoli nel suo Recinto». [K 756]

Doveva, insomma, addossarsi «un Corpo soggetto alla tentazione, / non Esente né dalla pena [fisica] né dal dolore [spirituale]» [K 756]. E per dimostrare al mondo tutta la portata eversiva del suo vangelo, ha dovuto sistematicamente contrastare tutti i codici civili imposti dalla legge morale:

Disprezzò i Genitori Terreni, disprezzò il Dio Terreno
dileggiando la verga del comando degli uni e dell’altro;
inviò i suoi Settanta Discepoli
contro la Religione e il Govemo:
loro caddero sotto la Spada della Giustizia
e lui fu detto il loro Crudele Assassino.[K 757]

Assassino, per l’appunto; ossia responsabile della persecuzione che in suo nome i suoi adepti dovettero subire; è un altro elemento che il Cristo blakiano condivide con Luvah («il principe dell’Amore, l’assassino» [K 273]), anch’egli metaforicamente colpevole dello sconquasso ideologico prodotto dall’esaltazione del desiderio in un mondo ottenebrato (reso «opaco») dai pregiudizi morali coltivati dalle istituzioni politiche e religiose. Ma le tenebre opache che avviluppano il mondo caduto possono essere squarciate dal Genio Poetico, che, come il cherubino prima messo a guardia dell’Eden e infine liberato dall’Apocalisse, fa scoppiare tutte le reti e tutti i veli che ostacolano la visione del divino e dell’assoluto, in maniera che «l’intera creazione si consumerà ed apparirà infinita e sacra, mentre ora appare finita e corrotta» [K 154]. II Genio Poetico ha infatti la grande prerogativa della Visione, equivalente alla facoltà creativa della mente, o immaginazione; ecco allora che sia Gesù sia Luvah sono dei poeti e degli artisti visionari, capaci cioè di reinventare continuamente la vita nei suoi valori primordiali, ivi compreso, ovviamente, il desiderio; proprio in tal senso Luvah viene attaccato dal demiurgo Urizen:

Sei uno dei visionari di Gesù, il molle inganno dell’Eternità?
Attento! lo sono Dio, il distruttore terribile, e non il Salvatore.
Perchè la Visione Divina obbliga i figli dell’Eden
a prevedere ognuno il proprio piacere, lottando contro gli spettri?[K 273]

Luvah e Gesù, l’Amore Umano e l’Amore Divino, sono gli aspetti complementari dell’Essere trascendente ed assoluto, l’Essere metafisico e transpazio-temporale verso cui l’umanità caduta, e non ancora redenta, tende incessantemente a reintegrarsi; tale Essere Supremo rappresenta l’Unità primordiale della configurazione divinumana che l’individuo ha perduto precipitando nell’universo materiale, ma di cui ha sempre garanzia di recupero, proprio grazie alla propria matrice infinita; perciò Luvah e Gesù sono entrambi l’Uno («the One»), e come tali si propongono allo sguardo di una umanità sgomenta ma non disperata, fiduciosa nella salvezza concessa dal martirio del Cristo: «L’Eternità apparve su di loro come l’Uno avvolto / nelle vesti di sangue di Luvah e carico di tutti i suoi dolori» [K 274].
II carico del dolore, quale corollario dell’assunzione delle passioni, ha la propria apoteosi simbolica nel sacrificio, fino alla morte:

L’Agnello di Dio discese attraverso le dodici porzioni di Luvah,
portando i suoi dolori e ricevendo tutte le sue crudeli ferite.
E cosi l’Agnello di Dio fu condannato alla Morte.
Lo inchiodarono sull’albero del Mistero, piangendo per lui
ed ora insultandolo ora adorandolo.[K 349]

Una coniugazione delle passioni alla morte non può non richiamare – tanto più in un momento storico in cui si vanno riscoprendo e rivalutando le religioni pregiudaiche e precristiane – una figura mitica del mondo classico, Dioniso, a sua volta derivata da Adone e prima ancora da Osiride e Tammuz, e tutte figure anticipatrici del Cristo. Non c’è di che stupirsi se il paradigma sotteso alla figura unitaria di Luvah come Gesù implichi espliciti riferimenti allo sparagmòs, lo smembramento di Dioniso, il dio ctonio della fertilità e della vegetazione, dilaniato dai Titani o dalle Menadi (e non per caso, nella citazione precedente, Cristo «discende attraverso le dodici porzioni di Luvah», ovvero le parti di un corpo sbranato). Già il nome Luvah evoca, oltre al termine inglese per amore (e soprattutto nella pronunzia londinese di Blake, luv), anche il latino uva, ovvero il frutto simbolico di Dioniso, emblema di vitalità tanto immaginativa quanto erotica (le due qualità principali del personaggio mitico). Ma Blake si premura in varie occasioni di rendere del tutto manifesta l’integrazione fra le due figure, simultaneamente la cristologica e la dionisiaca, del «Principe dell’Amore»; per esempio in questa raffigurazione di chiaro stampo baccanale:

Come sono rosseggianti i figli e le figlie di Luvah! Come pesticciano
le Uve!
Ridendo e gridando, ebbri di odori, molti cadono spossati:
affogati nel vino, tanti giovani e fanciulle; quelli attorno
li pongono su pelli di tigre o di Leopardo maculato o di Asino
selvaggio
finché non rinvengono, oppure li seppelliscono in fredde Grotte,
con grandi lamenti.
Ma nelle Presse del Vino le Uve Umane non cantano né danzano,
urlano e si contorgono in estremi tormenti, consumandosi in
fiamme feroci,
in catene di ferro ed in prigioni avvolte di fuochi perenni,
in fosse e caverne ed ombre di morte, in forme di tormento e dolore;
Sbarre, e Viti e Ruote e Seghe e corde e fuochi ed acque,
gioia crudele delle figlie di Luvah, che lacerano con coltelli
e fruste le Vittime, spasso letale dei figli di Luvah.[K 377]

Lo sparagmòs è, sia per Dioniso sia per Luvah, la punizione adeguata ad un eccesso di vitalità erotica:

Questi sono i divertimenti dell’amore, questi i dolci piaceri
del gioco amoroso:
lacrime dell’uva, sudore di morte del grappolo, ultimo sguardo
dei miti fanciulli che ascoltano i canti adescatori di Luvah.[K514]

Ma naturalmente, sia il mito di Cristo, sia il mito di Dioniso, sia il mito di Luvah prevedono, dopo il martirio e la morte, la resurrezione o la rinascita; e val la pena notare come proprio su questo punto, ovvero la comunanza del paradigma della passione e resurrezione fra il mito dionisiaco ed il mito cristiano, si indirizzassero gli attacchi degli allarmati apologeti cristiani, soprattutto Clemente Alessandrino, che vedeva nel mito dionisiaco una pericolosa caricatura dei credi e dei sacramenti della propria religione. Blake non si pone di certo questo tipo di problemi, e non esita dunque ad interpolare il suo personale mito, quello cristiano e quello dionisiaco, usufruendo, per una delle tante immagini della resurrezione di Luvah, dell’epiteto con cui Dioniso viene designato nelle Baccanti, appunto per istituire il tema della sua perenne morte e rinascita: il dio, e l’uomo, nuovo; ecco dunque come appare il Cristo/Luvah risorto agli occhi del nemico, il demiurgo:

Quando Urizen vide l’Agnello di Dio rivestito dei panni di Luvah, rimase perplesso e terrorizzato. […] Vedeva in Luvah un uomo Nuovo, Uno che assumeva la forma di Luvah e gli si ergeva davanti.[K 342]

Prima il sacrificio e poi la rinascita del Cristo, dell’Uno, del Dio-Uomo, sono finalizzati all’ipotesi escatologica, messianica e millenarista della redenzione dell’umanità dai soprusi del mondo caduto; proprio la resurrezione garantisce, quale paradigma pragmaticamente usufruibile, la legittimità della tensione umana verso l’ipostasi della salvezza ultima. Ebbene, tale salvezza è ottenibile solo se l’uomo redento sarà capace di opporsi – anche con la violenza, suggerisce il Blake giacobino – alle imposture della religione ufficiale della castità e della sopraffazione; l’individuo riscattato e convalidato dall’esperienza di morte-resurrezione del Cristo, dovrà inizialmente aggredire, spaventare, ridurre all’impotenza la prassi intimidatoria e repressiva della religione di stato, e sconfiggere tutti gli «spettri di Urthona», ovvero la repressione delle pulsioni sessuali e delle istanze emotive (Urthona, nel sistema mitico-simbolico di Blake, equivale all’inconscio) indotta artificialmente dalle lusinghe mistificatorie, mortifere e mortificanti di cui il potere si avvale; per pervenire tuttavia, dopo la denuncia e lo smascheramento degli inganni, al «perdono» – secondo il modello messianico – delle «antiche ingiurie», in una proiezione esistenziale verso l’armonia e l’amore universale:

Volgi al di dentro gli Occhi, e contempla l’Agnello di Dio
rivestito delle vesti di sangue di Luvah che discende per redimere.
Rallegratevi, Spettri di Urthona! Oh, Enitharmon,
vuoi lasciare il terrore, il tremore e lo spavento?
Se ti appaio davanti nel perdono delle antiche ingiurie,
perchè mai devi ricordare e temere? Sono di certo morto nel dolore
per convincere la tua gelosia, la paura ed il terrore.[K 330]

4. C’è una Sposa del Cristo

Ovvero: esiste un Gesù come soggetto erotico. Implicito nel suo essere omologato al Principe dell’Amore, il Cristo sub specie blakiana non condivide genericamente, con il suo alter ego testuale dei «Libri Profetici», la dipendenza dalle passioni e dal desiderio; si propone altresì quale figura simbolica dotata di tipiche connotazioni erotiche, nel suo essere «sposo» di Jerusalem – protagonista eponima della ultima e massima «Profezia» blakiana – una fanciulla desiderosa e libertaria come la sua antecedente Oothoon, più che, come lo è di fatto, anche la libera, o redenta, «Città di Dio». Sposa dell’Agnello di Dio, Jerusalem ne è simultaneamente la «emanazione», secondo la terminologia neoplatonica-plotiniana assorbita da Blake; ovvero, è contemporaneamente «moglie e sorella» dell’Essere universale, dell’Individuo essenziale. E questo elemento reclama a proprio fondamento il paradigma dell’incesto, che Blake, influenzato dagli antinomisti ed i millenaristi, considera molto positivamente, in quanto comportamento sociale che più si approssima alla ideale «Eternità Divinumana», dove ancora inconcepibili restrizioni di tipo moralistico non impediscono che «figli e figlie si sposino fra di loro» [K 709] per significare il valore della condizione primigenia dell’umanità, armonicamente androgina, lontana da quella separazione e contrapposizione fra i sessi che, secondo la lezione gnostica perfettamente introiettata nel sistema mitico blakiano, costituisce il primo lascito della Caduta.
Sorella e moglie di Gesù, anche Jerusalem è un archetipo di libertà e passionalità che subisce continue costrizioni e repressioni. Nell’inizio di The Four Zoas, l’energia della sua prorompente pubertà viene condizionata ed orientata ai fini di una convenzionale, rassicurante maternità; ma lei sfugge alle leggi sociali e alle regole religiose; in Milton, vediamo che i numerosi figli che genera, stimolata da una esuberante carica erotica, vengono subito etichettati come «Reprobi» dai custodi della religione di stato, e lei stessa viene incatenata nei labirinti segreti di Babilonia (appunto la religione di stato), per tentare di convertire la sua sessualità in mercificante prostituzione, punibile subito dalla legge. Qui, nei recessi della lussuria descritti e raffigurati in Jerusalem, in quella lussuria che è una degenerazione forzata dell’eros, la sposa di Gesù si confronta con Vala, la Donna del Velo (Veila/Veil), dove il velo è una comprensibile variante poetica ed iconografica della famosa Rete della Religione; Vala è infatti la figlia di Enitharmon, che, edotta dalla Grande Madre, si prodiga per diffondere gli insegnamenti sessuofobi della chiesa dottrinaria e dogmatica. Nello scontro con Jerusalem, Vala vorrebbe imporre all’antagonista la rinuncia alla dimensione corporea, insinuandole quell’idea dell’eros come peccato che lei ha ereditato dalla madre Enitharmon. Ma Jerusalem rifiuta l’idea del peccato e della punizione del peccato, e per segnalare vistosamente la ricusazione di qualsiasi concetto di colpa, si oppone violentemente all’ingiunzione di Vala di disfarsi – secondo le più canoniche norme paoline – del corpo fisico.
Jerusalem, Luvah, Oothoon, Orc: sono tutti personaggi, che, per vari modi, articolano il messaggio libertario e passionale del Cristo, il Dio-Uomo morto e risorto, contro le ipocrisie e le persecuzioni delle società materialistiche. E non sarà per caso che ciascuno di questi personaggi blakiani si porti dietro una componente trasgressiva legata alla dimensione dell’eros, che il Cristo, significativamente il Christus patiens omologato nei testi paleocristiani (pur con misti sentimenti) alla figura dionisiaca, viene ad assumere nella riflessione apocalittica e millenaristica stimolata dalle esperienze rivoluzionarie di fine Settecento.
Come Caina, la sorella e moglie di Caino (e ritorna il paradigma dell’incesto!) annoverata nei Four Zoas fra le antenate di Gesù nella linea maternale, la figura composita del Luvah/Cristo appartiene a quelli «destinati alla distruzione fin dal ventre materno» [K 272 e K 486]. La loro presunta colpa, il «peccato», così definito dalle comunità politico-religiose che costituiscono il potere, consiste nella rivendicazione della libertà, della generosità, della proiezione in avanti, che non hanno spazio se prima non ci sgombriamo delle imposizioni moralistiche della religione ufficiale. E perciò il messaggio cristiano deve concretizzarsi operativamente in un impegno individuale, ma di tutti quanti gli individui, per il riscatto delle emozioni ed il recupero delle passioni primigenie che informano di sé l’umamtà essenziale: «Ciò che i Figli di Albione hanno fatto per Luvah, / lo hanno fatto per suo tramite anche per il Divino Signore e Salvatore» [K 648].
Non c’e niente da fare: Gesù è la passione, e dunque l’eros primordiale.

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