Sguardi su Dante da Oriente

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Circa trent’anni fa nel 1991 usciva la prima versione italiana de Il libro della Scala, tratta da una versione latina medievale di un perduto originale arabo. Si trattava di un testo sul mi‘rāj o ascensione celeste di Maometto ben noto almeno dagli anni ’20, essendo stato discusso in un’opera pionieristica di Miguel Asín Palacios dall’eloquente titolo La escatologia musulmana en la Divina Comedia uscita nel 1919. Quarant’anni più tardi nel 1949 uscivano quasi contemporaneamente due notevoli studi di Enrico Cerulli e José Muñoz Sendino che ne riprendevano e ne discutevano — giungendo a opposte conclusioni — gli assunti fondamentali. Carlo Ossola nel 1994 avrebbe curato la prima traduzione italiana della ricerca dell’Asín Palacios ponendo termine all’incredibile ritardo del mondo accademico italiano nel prendere atto della “svolta” che l’Asín aveva impresso a questo tipo di ricerche. A prescindere infatti dalla bontà delle sue assai controverse conclusioni, che divisero il mondo accademico italiano e europeo, l’opera dell’Asín Palacios segna davvero una svolta negli studi dantistici. Innanzitutto per la prima volta si cominciava a intuire in tutta la sua portata la dimensione “mediterranea” dell’opera di Dante, che la critica nostrana aveva sempre teso a minimizzare. In una Italia uscita vincitrice dalla Grande Guerra e ancora ebbra del nazionalismo risorgimentale, e che era alla vigilia delle celebrazioni del settimo centenario dalla morte del poeta, l’ipotesi di una derivazione “musulmana” della struttura o di alcuni motivi del Poema Sacro destava sorrisi di sufficienza se non di aperto sdegno. Il dibattito successivo ha certamente reso giustizia, almeno in parte, alle intuizioni dell’Asín Palacios. Il suo merito in sede di bilancio forse non è tanto, o non solo, nell’avere segnalato una notevole mole (forse qua e là esagerando) di somiglianze e coincidenze tra opere di autori arabi (ciclo del mi‘rāj, al-Ma‘arri e Ibn‘Arabi in primis) e la Commedia, quanto piuttosto quello di avere rotto un argine, di avere aperto un nuovo orizzonte di ricerche che definitivamente superava l’orizzonte classico e cristiano (al più ebraico-cristiano) in cui si era mosso il mainstream della ricerca precedente. Non più soltanto Virgilio e il mondo classico, la Bibbia e la tradizione cristiana, la cultura trovadorica e stilnovistica: si aprivano d’un tratto le porte a indagini a più vasto raggio che includevano ora tutto il mondo mediterraneo arabo, dalla Siria alla Spagna moresca. Questa rottura dei vecchi argini, questo dilagare da Asín Palacios in poi delle correnti della ricerca dantistica in direzione del Mediterraneo non solo cristiano, è il presupposto di ulteriori, successive, più coraggiose esplorazioni che si spingono anche più a Oriente, in direzione di quel Grande Mediterraneo che, dall’impresa di Alessandro in poi, sparge e diffonde la propria cultura fino in India.

Edizioni dell’Orso

Sguardi su Dante da Oriente
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2016