Il fango e l’oro

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Parigi da Voltaire a Breton

Nel corso dei secoli, il mito letterario di Parigi è andato costruendosi per sovrapposizioni successive di immagini, figure, tipi. A partire dalla fine del Settecento, col monumentale Tableau de Paris di Louis-Sébastien Mercier, questo mito ha cominciato ad alimentarsi della realtà stessa della città, della miseria dei suoi sobborghi, delle sue strade, del loro fango. La metropoli inizia allora a diventare l’oggetto di una rappresentazione letteraria che si vuole realistica, senza per questo perdere nulla del proprio fascino romanzesco, avventuroso, misterioso. Sarà Balzac il primo a riconoscere in Parigi la «città dai centomila romanzi». La letteratura scoprirà, grazie a lui, nuove possibilità di parlare di una Parigi che nessuno scrittore aveva mai descritto prima, né, forse, visto. Scopo del volume è mostrare, attraverso lo studio di alcuni temi ricorrenti ed esemplari, come romanzesco e realtà si siano intrecciati nelle pagine delle successive generazioni di romanzieri, da Flaubert a Huysmans e Zola, fino a quando i surrealisti, in primo luogo Breton e Aragon, inseguirono lungo le strade parigine la rivelazione di un «meraviglioso» che ne trasformasse la banale realtà quotidiana in «surrealtà» ? aggiungendo così un nuovo capitolo alla storia del mito di Parigi.

IL FANGO

Sempre enfatico e incline allo sdegno, il precettore dell’Émile di Rousseau esortava il pro­prio pupillo a prendere congedo da Parigi con parole che la dipingevano come una «città di rumore, di fumo e di fango». Per quanto come de­scrizione possa apparire piuttosto riduttiva, nessuno però deve averne mai contestato la fondatezza. D’altronde, com’è risaputo, fin da tempi remoti, il nome latino di Parigi, Lutetia, è stato associato, a torto o a ragione, al lu­tum, al fango che non deve certo essere mai mancato sulle isolette fluviali su cui, in epoca preromana, fu costruito il primo insediamento. Anche se, come pare ragionevole credere, si tratta solo di una paraetimologia e il lu­tum latino non ha niente a che vedere con l’antico nome della città, il fan­go, la boue, per contro, è un elemento che, per secoli, ha fatto parte molto concretamente del paesaggio urbano parigino, costituendo per il suo co­lore nerastro, il fetore acre e, soprattutto, le sue qualità corrosive uno tra i più spiacevoli inconvenienti per i pedoni lungo le strade cittadine, almeno fino all’introduzione del macadam utilizzato per asfaltare le strade negli anni del Secondo Impero. Peraltro, suona eufemistico parlare di fango a proposito delle strade di una grande città ancora priva di un sistema fogna­rio, percorsa incessantemente da veicoli trainati da cavalli e attraversata da mandrie di buoi e altri quadrupedi condotti al macello: erano le strade stes­se, con i loro ruisseaux che scorrevano al centro della carreggiata traspor­tando ogni genere d’immondizie, che fungevano da fogne.

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Carocci Editore

Il fango e l’oro